Un fascio di fiori tra le onde, una preghiera silenziosa sulla banchina del porto, e il ricordo di 45 vite spezzate nel loro viaggio verso la speranza. Reggio Calabria si prepara a vivere la nona Giornata della Memoria per le vittime delle migrazioni.
Un anniversario nato da una tragedia
Il 3 giugno 2016, il pattugliatore Vega della Marina militare italiana attraccava nel porto di Reggio Calabria con a bordo 45 salme di migranti morti nel Canale di Sicilia, dopo l’ennesimo naufragio al largo della Libia. A bordo c’erano anche 629 sopravvissuti, tra cui 419 uomini, 138 donne e 72 minori provenienti da Pakistan, Libia, Senegal, Eritrea, Nigeria, Siria, Marocco e Somalia.
I corpi, 36 donne, sei uomini e tre bambini tra i sei mesi e i due anni, trovarono sepoltura nel piccolo cimitero di Armo, nella nuda terra secondo il rito islamico, grazie all’impegno del Comune di Reggio Calabria e della diocesi di Reggio Calabria – Bova.
Il programma della giornata del 3 giugno 2025
Domani, martedì 3 giugno 2025, la città celebrerà la Giornata della Memoria per le vittime delle migrazioni, istituita nel 2016 su proposta del sindaco Giuseppe Falcomatà. Alle 17.30, sulla Banchina di Ponente del Porto di Reggio Calabria, il primo cittadino deporrà in mare un fascio di fiori, affiancato dalle autorità civili e religiose.
La cerimonia, resa possibile anche grazie al varo del nuovo gommone della Polizia Locale, sarà seguita da una veglia di preghiera alle 18, presieduta dall’arcivescovo Fortunato Morrone, sul tema: «Lacrime nel mare, luce nella speranza».
Un gesto che diventa memoria collettiva
Quella del 3 giugno non è solo una data, ma un simbolo per la città di Reggio Calabria, che ha scelto di trasformare il dolore in impegno. Il cimitero dei migranti di Armo, riqualificato grazie alla Caritas, è una delle prime esperienze in Europa di spazi dedicati alla memoria delle vittime delle migrazioni.
A nove anni da quel tragico sbarco, Reggio rinnova il suo sì all’accoglienza, alla dignità della vita, alla memoria come gesto di civiltà. Una testimonianza silenziosa, ma potente, di una città che sa farsi porto non solo per i corpi, ma anche per la speranza.
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