Inizia la missione pubblica di Gesù, corresponsabilità condivisa

Il commento al Vangelo della Domenica a cura di monsignor Giacomo D'Anna

Il Vangelo della terza domenica del tempo ordinario ci presenta l’inizio del ministero pubblico di Gesù. Esso comincia con alcune indicazioni che con dovizia Matteo ci trasmette. La prima è la notizia che Giovanni era stato arrestato. Un dato che non viene riportato certamente come un fatto ordinario di cronaca, ma indica un evento di particolare importanza: la voce “nel deserto”, che gridava la verità, è stata azzittita. Gesù non può non provare profonda tristezza, ma anche un grande senso di responsabilità, rafforzato da quanto lo stesso Giovanni aveva preannunciano dicendo che egli era solo la “voce”, ma che ci sarebbe stata poi la “Parola” vera.

Gesù capisce che è giunto il momento di iniziare la missione che il Padre gli aveva affidato, essere veramente “il Verbo fatto carne”, la Parola eterna venuta sulla terra, che deve adesso cominciare a risuonare con chiarezza e determinazione. Cristo, una volta ricevuto anch’Egli il battesimo nel Giordano, non può non partire e andare per realizzare il disegno del Padre già proclamato: “Ecco il mio servo, l’eletto che io sostengo, ho posto in lui il mio Spirito e guiderà il mio popolo”.

Gesù lascia Nazareth dove era stato allevato e si trasferisce a Cafarnao per adempiere la profezia preannunciata: da quella terra sperduta e senza speranza sarebbe sorta una grande luce. La scelta precisa di quel territorio è inequivocabile anche per noi oggi: partire dalle periferie, dalle tante “Galilea delle genti”, dai diversi odierni luoghi pagani per diffondere il Vangelo, per annunciare la salvezza. Come non accogliere l’invito accorato che la Chiesa ormai da tempo rivolge ai pastori e ai cristiani del terzo millennio, passare da un pastorale della conservazione a un pastorale missionaria? Bisogna avere il coraggio di lasciare le comodità che ci vengono dalle nostre appariscenti “Gerusalemme” terrene per uscire e andare a raggiungere i più lontani, per essere anche noi, non a parole ma con i fatti, luce del mondo, luce capace di illuminare concretamente “quanti siedono nelle tenebre e nell’ombra della morte”. Intendiamo così anche il cuore della predicazione di Gesù, che in fondo è riassumibile in una sola parola: convertitevi, un appello che non suona come una sentenza, una sfida, una minaccia, ma come un invito ad accogliere il Regno di Dio ormai vicino, Regno di amore, di giustizia e di pace per tutti coloro che lo desiderano e lo attendono con cuore sincero.

Segue poi la chiamata dei primi collaboratori. Semplici pescatori, gente ignorante con le mani incallite ma con il cuore grande, disposti a partire anche loro “subito” per guidare con Lui e per Lui la barca sempre più gravosa della Chiesa nel mare tempestoso del mondo, diventando “pescatori di uomini”, apostoli di gioia che danno la vita per donare in abbondanza la salvezza. Lo stile del Maestro non è ispirato a forme di individualismo e di protagonismo, ma sempre aperto alla collaborazione con tutti e a una corresponsabilità condivisa.

Il Vangelo di oggi si conclude con la descrizione del ministero pubblico di Gesù. In che cosa concretamente esso consisteva? La risposta è racchiusa in due grandi azioni: annuncio e guarigione. Due ministeri a prima vista troppo riduttivi, ma che invece dicono quanto Cristo si prendesse cura della persona nella sua interezza, preoccupandosi non solo delle difficoltà legate “a ogni sorta di malattie e infermità nel popolo”, ma anche alle molteplici esigenze morali e spirituali, che lo portano a “insegnare nelle loro sinagoghe e, annunciando il vangelo del regno”.

Mi piace concludere con le parole sempre sagge e profonde dell’indimenticabile Benedetto XVI: “Preghiamo Maria Santissima, affinché ottenga alla sua Chiesa la stessa passione per il Regno di Dio che animò la missione di Gesù Cristo: passione per Dio, per la sua signoria d’amore e di vita; passione per l’uomo, incontrato in verità col desiderio di donargli il tesoro più prezioso: l’amore di Dio, suo Creatore e Padre”.

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