Cerca
Chiudi questo box di ricerca.

Ecumenismo, verso l’unità piena. 30 anni di comune cammino

Era il 25 maggio 1995 quando san Giovanni Paolo II pubblicava l’enciclica Ut unum sint, un testo magisteriale che riaffermava l’impegno della Chiesa cattolica nel cammino ecumenico. A distanza di trent’anni, quelle parole risuonano ancora come guida e profezia per una Chiesa che cammina nella storia al fianco di tutti i battezzati, nel desiderio condiviso dell’unità.

Un contributo profetico al proseguimento concreto e realistico del cammino ecumenico

«Ut unum sint!». La preghiera più alta e riassuntiva dell’esistenza e del ministero di Gesù. Con queste parole inizia l’Enciclica di Giovanni Paolo II sull’impegno ecumenico pubblicata 30 anni fa, il 25 maggio del 1995. Si tratta di un appassionato appello all’unità che il Papa rivolge a tutti i cristiani. Un sostanziale e puntuale contributo al proseguimento concreto e realistico del cammino ecumenico. Le chiavi di lettura più significative dal testo si ritrovano da quanto Giovanni Paolo II afferma nell’Introduzione e nella Conclusione, ma anche dal tono che dà forma all’intera Enciclica e da alcune puntualizzazioni che affiorano nel corso del suo sviluppo.

L’Enciclica costituisce una sorta di rivisitazione di quel Libro dell’unità – come lo definisce il Papa stesso (cfr. n. 25) – che, per impulso dello Spirito Santo, le Chiese e Comunità ecclesiali impegnate nel cammino ecumenico hanno scritto con la loro stessa vita in questi anni, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II: «un “Libro” che dobbiamo sempre sfogliare e rileggere per trame ispirazione e speranza».

Una Chiesa che guarda al presente e al futuro

Giovanni Paolo II inscrive il suo discorso entro due tappe significative del disegno di Dio sulla Chiesa che stava per affacciarsi al nuovo millennio: la prima stava già alle spalle; la seconda stava ancora davanti. Si trattava del Concilio Vaticano II, da un lato, e del Giubileo dell’anno 2000, dall’ altro: due avvenimenti che erano intimamente collegati tra di loro – come affermava il Papa nella Tertio millennio adveniente.

Questa Enciclica interpreta in modo dinamico quanto è stato detto dal Vaticano II con la Unitatis redintegratio. Si afferma, per la prima volta, che quello ecumenico è un movimento irreversibile e che l’unità, in realtà, non fu mai distrutta, ma solo resa opaca. I destinatari immediati, e come tali esplicitamente menzionati, sono insieme i cattolici e i cristiani delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. La finalità del documento pontificio guida lo snodarsi delle tre parti dell’Enciclica. Questi i punti salienti.

L’impegno ecumenico della Chiesa cattolica

Nella prima parte (L’impegno ecumenico della Chiesa cattolica) si tratteggia l’insegnamento del Concilio a proposito del cammino ecumenico, inscrivendolo nel disegno universale di salvezza di Dio nei confronti dell’umanità, che ha la sua sorgente, il suo grembo e la sua meta nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Vengono così declinate la dimensione spirituale (col primato della preghiera), dottrinale, dialogale e operativa dell’impegno ecumenico.

La seconda parte (I frutti del dialogo) offre un ricco e allo stesso tempo puntuale «sguardo d’insieme sugli ultimi trent’anni», al fine di far «meglio comprendere molti dei frutti di questa comune conversione al Vangelo di cui lo Spirito di Dio ha fatto strumento il movimento ecumenico» (n. 41). In questa ampia rivisitazione trovano spazio una trattazione puntuale del dialogo con le Chiese d’Oriente (ortodosse), con le antiche Chiese orientali (che hanno contestato le formule dogmatiche dei Concili di Efeso e di Calcedonia), e infine con le altre Chiese e Comunità ecclesiali in Occidente.

Quanta est nobis via?

La terza parte (Quanta est nobis via?), la più breve ma forse anche la più intensa, delinea alcune prospettive per il futuro, soffermando l’attenzione su l’ecumenismo dei martiri, la prima volta di un Papa sull’ecumenismo, e soprattutto sul primato della santità e, all’interno dello specifico contributo che la Chiesa cattolica è chiamata ad offrire al cammino ecumenico, sul ministero di unità del Vescovo di Roma. È qui che – più che in ogni altro passo dell’Enciclica – il Papa parla a proprio nome, consapevole del mandato affidatogli da Cristo e da vero “innamorato” dell’unità e del servizio nei confronti del suo pieno ristabilimento.

La preghiera, secondo il Papa, deve avere la priorità in questo cammino con gli altri cristiani. Infine quello che sembra molto interessante, ed è ancora da recuperare, è promuovere un ecumenismo di base. Si legge infatti nell’ Enciclica che “tutti i fedeli sono invitati dallo Spirito di Dio a fare il possibile perché si rinsaldino i vincoli di comunione fra tutti i cristiani e cresca la collaborazione dei discepoli di Cristo: la cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo la propria capacità” (n. 3).

* Componente dell’Associazione Docenti di Ecumenismo (AIDEcu)

L’articolo Ecumenismo, verso l’unità piena. 30 anni di comune cammino proviene da Avvenire di Calabria.