La funzione conservativa è stata la molla che ha fatto nascere molte nostre istituzioni: abbiamo ricoverato un ingente numero di opere provenienti da chiese dismesse, o poco sicure, o inadatte a preservarle dal degrado. Le abbiamo custodite, fotografate, inventariate, studiate, esposte al pubblico, comunicate nella convinzione che “mai come oggi occorre proteggere, salvare tutto ciò che resta, tutto ciò che resiste del mondo spirituale” per usare un’affermazione di Claudio Parmiggiani, l’artista al quale ci siamo rivolti.
A Reggio Calabria il Museo diocesano “Mons. Aurelio Sorrentino”, inaugurato nel 2010, è sito al pianterreno dell’ala tardo-settecentesca del Palazzo arcivescovile costruito sulle rovine di un preesistente edificio, sorto accanto alla Cattedrale alla fine del Cinquecento.
Tra le opere più significative esposte sono: il quattrocentesco Bacolo pastorale di mons. Antonio de Ricci, in argento e smalti (scuola napoletana); un Crocifisso in avorio (seguace di Alessandro Algardi, sec. XVIII); la Resurrezione di Lazzaro attribuita al pittore napoletano Francesco De Mura (terzo decennio sec. XVIII); l’Ostensorio raggiato in oro disegnato dal Francesco Jerace nel 1928; pregevoli manufatti tessili e, tra essi, un parato nobile in broccato di seta policroma, opera di manifattura lionese (secondo quarto sec. XVIII).
Un evento corale, l’espressione all’unisono di dodici distinti e diversi musei ecclesiastici italiani che accolgono l’opera di Claudia Parmiggiani, affiancando alla Mostra iniziative ed eventi promossi dalle reti regionali dei musei AMEI.
Tuttavia custodire la memoria non vuol dire rinchiudersi nel passato, restarne prigionieri. La capacità di pensiero che ha alimentato la grande arte sacra del passato è la stessa che nei nostri musei occorre coltivare perché l’arte continui a essere quella “porta invisibile” che apre ad un “oltre”, dove ritrovare la dimensione spirituale della propria esistenza. Dunque, non possiamo rimanere ai margini del presente: occorre entrare nel suo perimetro.
Aver commissionato un’opera a Claudio Parmiggiani significa proprio questo: evidenziare la necessità che i musei ecclesiastici si occupino della cultura e dell’arte che connota il nostro tempo, accettando una sfida non semplice ma ineludibile.
L’opera viene presentata presso il Museo San Fedele. Itinerari di arte e fede del Centro San Fedele di Milano, un luogo emblematico perché pensato, sin dalla sua fondazione, come spazio di incontro e di confronto per “favorire con varie manifestazioni di carattere culturale e artistico le correnti vive del pensiero contemporaneo”. Per altro qui si stanno sperimentando, con esiti davvero interessanti, proposte espositive capaci di porre in dialogo antico e contemporaneo, una ricerca che vale la pena condividere e applicare, come già sta avvenendo in altre istituzioni museali ecclesiastiche.
È questo il punto di partenza di un viaggio che vedrà l’opera di Parmiggiani passare, come una sorta di testimone, di museo in museo per attestare la comune volontà di accogliere questa nuova sfida. Musei del Nord, del Centro e del Sud, ciascuno con caratteristiche diverse quanto a dimensione, sede, collezioni, faranno da polo aggregatore anche per gli altri musei ecclesiastici. Perché chi ospita lo fa a nome di tutti, a nome di AMEI.
Si è scelto Claudio Parmiggiani, tra i maggiori protagonisti del panorama artistico internazionale, perché sentiamo una forte assonanza con la sua arte, con la sua poetica. Fare arte, afferma, è “un atto di resistenza civile”, ma al contempo una meditazione sull’uomo. Scrive Giuliano Zanchi, direttore del Museo Diocesano di Bergamo: “Quello di Parmiggiani è un modo di concepire l’arte che tocca le esperienze elementari dell’essere umano, laddove l’uomo è messo di fronte al proprio insolubile enigma, dove quindi il sentimento di tutto quello che è sacro si ravviva quasi impetuosamente. In questo senso è un’arte che tocca il sacro”.
L’opera è stata ideata pensando alla sua destinazione finale: la Casa Museo del Beato Giuseppe Puglisi di Palermo, ucciso dalla mafia il 15 Settembre del 1993. Si tratta del modesto appartamento in cui visse la famiglia Puglisi e per lungo tempo anche lo stesso sacerdote. Il Centro di Accoglienza Padre Nostro, che continua l’attività di quest’uomo rivolgendosi ai tanti giovani palermitani che rischiano quotidianamente l’emarginazione o il coinvolgimento nella criminalità organizzata, ha voluto recuperare questo “spazio della memoria” e metterlo a disposizione dei visitatori perché entrino in contatto con la semplicità del vivere quotidiano di Pino Puglisi, ma anche con la sua esperienza di vita.
In queste stanze, dal 13 settembre 2017, verrà esposta in modo permanente l’opera Senza titolo di Claudio Parmiggiani che AMEI ha voluto donare al piccolo museo gestito dal Centro di Accoglienza Padre Nostro.
Con questo gesto volevamo evidenziare un’altra componente essenziale della nostra mission: l’attenzione alla dimensione sociale.
I musei ecclesiastici possono diventare – e alcuni già lo sono – formidabili attivatori di sviluppo, luoghi di inclusione e di confronto, spazi di riflessione dove formare una coscienza morale, civile e intellettuale. Luoghi dove far crescere la consapevolezza che dal dolore si può rinascere.
Domenica Primerano, Presidente AMEI